lunedì 27 ottobre 2014

Il grande anello del monte Viglio


Il monte Viglio, con i suoi 2156 m.è la massima elevazione dei monti Simbruini, un gruppo montuoso composto da numerose vette le cui creste più orientali segnano il confine tra Lazio e Abruzzo.

Sono montagne dal carattere selvaggio, solitario e affascinante, per di più a poche decine di km. da Roma. Polmone verde del Lazio con vallate e rilievi ammantati da immense foreste dove uomo e ambiente si sono incrociati convivendo in perfetta armonia.

Sebbene fossi già stato in vetta al Viglio tre anni fa,  la giornata aveva il sapore di una nuova avventura mai fatta prima, soprattutto perché a differenza della prima volta, avevamo organizzato un giro ad anello che si sarebbe rivelato tra i più spettacolari mai fatti negli ultimi anni.

Gli elementi c’erano proprio tutti.
Dal punto di vista geologico si attraversano due splendidi circhi glaciali che donano ai luoghi il vero carattere dell’alta montagna.
Estese foreste di faggi caratterizzano il percorso iniziale fino a oltre 1700 metri di quota.
Successivamente ci si ritrova su ampi pascoli e praterie d’alta quota che occupano gli ambienti sommatali.
Dal punto di vista paesaggistico, grazie alla posizione particolarmente strategica del massiccio, si godono eccezionali panorami sulla maggior parte dei gruppi montuosi dell’Appennino abruzzese come il Gran Sasso, la Majella ed i monti del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Elemento non meno importante è stata la condivisione con l’amico Luigi, con cui sono entrato subito in sintonia contribuendo a rendere la giornata perfetta in ogni piccolo e grande particolare. Una menzione particolare la sua simpatica cagnetta Melody, un vero cane alpinista che pur avendo soltanto tre anni ha già un vasto curriculum di vette conquistate.

Il periodo poi, è quello giusto in cui il bosco assume le tinte più belle della stagione che più amo.



Descrizione dell’itinerario

Le nebbie di fondovalle avvolgevano con un mantello effimero la vegetazione che alla luce di inizio giornata sembrava uscire dalle pagine di un libro di fiabe, mentre i primi raggi di sole inondavano le vette che tra poco avremmo calcato con i nostri passi.
Le guardavamo dal basso in silenzio, mentre erano avvolte in quella delicata luce rosa che dava l’aspetto di un qualcosa di irraggiungibile, come se facessero parte di un altro mondo.
Osservavamo lo spettacolo con una sorta di torpore reverenziale, come se fossimo storditi, forse un po’ per il freddo e per l’ora ma comunque le emozioni ci impedivano di parlare.

In macchina attraversiamo il caratteristico borgo di Filettino a 1075 metri di quota, poi proseguiamo su strada di montagna fino al valico della Serra S. Antonio, 1061 metri dove parcheggiamo.
La grande tabella del Parco è posta ad inizio sentiero dove iniziamo a camminare su piacevole strada sterrata quasi senza pendenza e ci immergendoci in una splendida faggeta dai colori caldi in un’avvolgente atmosfera autunnale. 





In 2 km. giungiamo alla Fonte della Moscosa, punto di partenza per numerosi itinerari nel Parco Regionale dei monti Simbruini. Noi prendiamo il sentiero a sinistra che in poche centinaia di metri ci porta in una vasta radura, ampia come un paio di campi di calcio e circondata da enormi faggi e abeti.

Proseguiamo infilandoci di nuovo nel fitto bosco fino a quando la vegetazione si fa più rarefatta in corrispondenza di una croce in località Madonnina, 1780 m. con una bella statua piazzata sul bordo della dorsale est che precipita verso la val Roveto e segna il confine con l’Abruzzo.

Da qui gran bel panorama sulle montagne di quasi tutto l’Abruzzo.


Lasciamo gli ultimi splendidi faggi secolari, ci alziamo di quota e superiamo alcune rocce entrando in un ambiente selvaggio sulla cresta del monte Piano, 1992 m. tra rocce e vertiginosi affacci con pittoreschi scorci sul versante est del Viglio.





Sempre più su e raggiungiamo i monti Càntari, un trittico di cime in successione di cui le prime due arrotondate e sassose di 2050 m. la prima e 2103 m. la seconda. 
La terza è conosciuta con l’appellativo di Gendarme del Viglio e misura 2113 m.
Superiamo il Gendarme che presenta passaggi di !° e 2° in un divertente canalino su cui Melody ci dà prova della sua agilità alpinistica!








Il monte Viglio visto dalla vetta dei Càntari.
La vetta della montagna e impegnata da giochi di nubi che la fanno apparire come il cratere di un vulcano in eruzione.

Luigi e Melody nel passaggio chiave del Gendarme, uno dei momenti più intensi dell'intera giornata.


Giunti in vetta al Gendarme, un breve passaggio tra prati e rocce ci fa raggiungere la massima vetta della giornata, il monte Viglio, 2156 m.





Una buon’ora di sosta in vetta non ce la toglie nessuno, tra eccezionali panorami e un clima che ricordava una tarda primavera piuttosto che l’autunno.
Come sempre arriva il momento di “smontare le tende” e ci muoviamo verso il versante opposto seguendo un sentiero che in lieve discesa passa sul bel crestone occidentale che abbandoniamo presto, scendendo nel magico ambiente del circo glaciale.



Il crestone ovest

Melody

Qui seguiamo una traccia di sentiero tra ghiaie mobili mantenendoci sempre in quota. 

Il circo glaciale



Poi abbandoniamo temporaneamente la traccia per esplorare una spettacolare penisoletta che si protende verso nord ovest, staccandosi dal circo glaciale.


La penisola è un piccolo mondo a se.
Sul lato frontale risulta sospesa su una foresta di faggi, mentre sui due lati si erge con pareti calcaree sulle ghiaie lunari del circo glaciale. Dal lato posteriore si unisce a questo.
La parte superiore è tutta occupata da una faggeta con alcuni esemplari imponenti e vetusti.
Camminiamo brevemente fino a raggiungere una piccola radura.
Qui, constatato il punto più elevato della penisola, iniziamo a costruire un ometto in pietra, piantiamo un bastone al centro e scriviamo la quota di 1875 metri su una pietra liscia.
La dedichiamo a Melody, scrivendo il suo nome su una pietra liscia.

L'ambiente della faggeta che occupa la piccola penisola.



io e Luigi davanti all'ometto in pietra di Punta Melody, 1875 m. da noi costruito. 

Il pomeriggio incalza. 
La luce diminuisce ma si fa più calda e interessante. Proseguiamo lasciando quel bellissimo piccolo eden e riprendiamo il percorso su traccia di sentiero mantenendoci sempre al limite della fascia superiore della faggeta. Superiamo tre fossi che provengono rispettivamente dalle tre vette dei Cantari e giunti sugli estesi prati del monte Piano seguiamo il pendio erboso fino a raggiungere il sentiero che dopo un lungo e suggestivo percorso tra faggi plurisecolari ci riporta alla Fonte della Moscosa chiudendo l’anello.










Dopo quasi 9 ore, soste comprese e poco più di 11 km. percorsi e un dislivello accumulato di circa 800 metri giungiamo alla macchina, come si dice in questi casi, stanchi ma felici!

Lungo la strada per Filettino, uno dei più bei tramonti ci mette in evidenza tutto il percorso effettuato sulla dorsale occidentale dell’intero gruppo montuoso (monte Piano > monti Càntari > monte Viglio > crestone occidentale > circhi glaciali > prati dei Càntari > monte Piano > faggeta di Fonte Moscosa).   


Senza dubbio una delle più belle escursioni effettuate negli ultimi anni!