giovedì 12 giugno 2014

Il monte Sirente dalla val Lupara e la cresta sud fino ai monti di Canale e San Nicola


Per me ogni salita in montagna ha la propria singolarità, il proprio carattere, anche salendo su sentieri già percorsi, da solo oppure con i compagni d'avventura di sempre.

Poi ci sono quelle montagne che hai sempre osservato dal basso o visto soltanto nelle numerose immagini che ci propone internet, montagne desiderate da sempre e che ti prometti di risalire un giorno ma che poi rimandi o peggio, ti organizzi con gli amici e poi puntualmente si rimanda ed i giorni trascorrono insieme al desiderio che aumenta sempre di più.

La mia storia con il Sirente fino a pochi giorni fa, assomigliava molto ad un rapporto tra genitori un po' autoritari e poco permissivi e un figlio piccolo che chiedeva sempre di portarlo al Luna Parck senza che fosse mai accontentato. Questa volta però, ho voluto ribaltare la situazione non chiedendo nulla a nessuno, facendo io stesso il genitore e così, durante un'escursione, parlando dei miei sogni nel cassetto con l'amico Alessandro, è venuto fuori il monte Sirente.
Alessandro ha subito capito che per me la salita sul Sirente non rappresentava un capriccio, una banale spunta sulla tacca di un elenco di vette da conquistare, ma qualcosa di più intimo, un vero desiderio di quelli che ti prendono una volta e non ti lasciano mai più finchè non li realizzi. E così è stato. Finalmente quel giorno è arrivato.

Quasi come un regalo con gli interessi maturati dopo la lunghissima attesa, ben sette anni di pianificazione, l'escursione che abbiamo organizzato non ha toccato il classico itinerario battuto dalla maggiorparte degli escursionisti ma una sorta di full immersion in tutti gli ambienti della catena del Sirente, percorrendo quasi l'intera cresta e gli ampi prati alla sua base.
Circa 25 km. di percorso tra i più belli ed entusiasmanti dell'intero Appennino, con un dislivello totale di 1600 metri e 9 ore di marcia. Grandi numeri per una giornata che meritava di essere vissuta in maniera intensa non solo fisicamente ma anche e soprattutto dal punto di vista emozionale.

Ecco di seguito la descrizione del percorso.
Si parte dallo Chalet del Sirente, una gradevole costruzione da poco restaurata, posta a 1150 metri di quota, a 12 km. da Rocca di Mezzo in direzione Secinaro, percorriamo il sentiero n. 15, segnato con vernice bianco/rossa, che si snoda in una giovane faggeta. Dopo poche decine di metri superiamo a destra il sentiero che proviene dal Canalone Majori ma non lo seguiamo e procediamo dritti.
Il sentiero ufficiale si confonde spesso tra alcuni incroci. Bisogna fare bene attenzione a non perdere le indicazioni con i segni del cai. Effettivamente in un paio di punti si rimane perplessi su dove procedere.
La via si fa molto erta, tanto da farci guadagnare in un tempo relativamente breve 500 metri.

A quota 1650 metri giungiamo in una piccola radura in cui il diradarsi del bosco ci consente di osservare un primo assaggio degli straordinari sistemi rocciosi che più avanti diverranno più completi e impressionanti. Il sentiero si infila di nuovo nel bosco ma per fortune ne esce quasi subito terminando definitivamente alla quota di 1700 metri in un terrazzo erboso e panoramico dove si osserva una delle più emblematiche e suggestive immagini rappresentative dell'Appennino, nel suo aspetto più alpino possibile.




Seguiamo l'evidente sentiero ben segnato che aggira una bella dorsale a mezza costa, poi attraversiamo un magnifico prato ricco di fioriture fino ad affacciarci su uno sperone roccioso al cospetto della solenne val Lupara, un lungo canale dall'aspetto severo e selvaggio, fatto di ghiaie, rocce e nevai.
A quota 2000 il sentiero si fa più ripido. Incontriamo una lingua di neve che ci ostacola il passaggio, la aggiriamo nella parte più bassa perdendo un po' di quota, proseguiamo sempre in forte salita fino a 2200 metri dove un altro nevaio copre completamente il passaggio e sopra di noi una corona di rocce quasi verticali ci separa dalla cresta.
Scelgo un invitante camino roccioso con passaggi di 1° e 2° grado che molto brevemente mi permette di superare il breve salto roccioso. Alessandro dietro di me segue i miei passi con entusiasmo grazie a questa variante che ha aggiunto maggio carattere all'intera escursione.
Raggiungiamo così gli straordinari ambienti sommitali.





Una volta giunti in questo nuovo ambiente, l'impatto emozionale è forte per chiunque, ma per me rappresenta oltre che una normale conquista al livello tecnico, anche un riscatto personale dopo anni di tentativi falliti e progetti spesso inascoltati e sottovalutati da parte di chi riceveva le mie proposte. 
La mia lunga attesa era stata finalmente premiata, lo stupore di osservare quell'ambiente così incredibile e inatteso, sicuramente al di là delle mie aspettative mi ha generato emozioni che si accavallavano in un divenire sempre più intenso fino a sfociare in quella commozione pura che già in altre occasioni mi aveva catturato. 
Si, perchè le lacrime non fanno parte soltanto del dolore, ma sono anche una sublimazione della felicità e soprattutto di una lucida consapevolezza per essersi finalmente liberati da una condizione di blocco che da tanto tempo mi costringeva a vivere nel desiderio di un qualcosa che non si era mai potuto realizzare e che per assurdo, non mi permetteva di assaporare appieno tutte le altre cose belle che la Natura mi proponeva in altre esperienze.
Lacrime dunque, ma la montagna fa anche questo. Non mi stupisco. Fa parte di questo straordinario gioco.

La cresta rappresenta il confine di due mondi completamente diversi.
A sud ovest le vaste praterie d’alta quota che degradano dolcemente e senza ostacoli, movimentate da qualche gruppo di cavalli al pascolo tra tappeti di fiori multicolori e residui nevai spesso uniti a piccoli laghetti di fusione dai colori pastello.
I dolci prati sommitali si interrompono bruscamente a est lungo una linea di circa 14 km. tra spettacolari e selvaggi balzi rocciosi spesso interrotti da splendidi canali che ricadono a precipizio sul versante est dove la neve è ancora piuttosto presente.



Giunti in cresta, ci muoviamo verso destra, su prati e rocce in direzione della vetta che in poco più di mezz’ora raggiungiamo. Il clima è davvero perfetto. Sembra che il Sirente ci abbia accolto come un padre affettuoso, dedicandoci tutte le attenzioni possibili perché ognuno di noi aveva un conto sospeso con questa montagna così particolare. Abbiamo scelto proprio la vetta come nostro bivacco in un ambiente davvero grandioso, in ottima compagnia e in assoluta solitudine.  




  


Dopo una buona mezz’ora di meritato riposo, abbiamo lasciato a malincuore la vetta ritornando verso il punto in cui eravamo sbucati dal canalino. Lo superiamo proseguendo sugli sterminati prati a filo di cresta in direzione sud toccando tre anticime oltre i 2000 metri senza nome rispettivamente di 2325, 2210 e 2207 metri e successivamente la cima del monte di Canale, 2151 metri e il monte San Nicola, 2012 metri, ultima elevazione verso sud dell’intera catena.


La croce del monte San Nicola abbattuta dal vento

La croce che abbiamo ripristinato
Dalla vetta del monte san Nicola i segnai del cai presenti sull'intera cresta scompationo e ad intuito scendiamo verso ovest per incontrare il sentiero della sottosante val d'Arano, ma ci sbagliamo e dopo essere scesi di  300 metri tra difficili ghiaie mobili, incontriamo un piccolo sentiero che ci porta sul un modesto rilievo nominato sulla carta come monte Briccialone, 1706 metri. 



Da qui osserviamo "a vista" la carrareccia della sottostante valle a est della dorsale che sulla carta corrisponde alla strada sterrata che attraversa il Piano di Fonte Canale. 
Per arrivarci dobbiamo perdere 400 metri e attraversare una fitta faggeta senza sentiero.
Ci immergiamo così in questa complicata azione da pura wilderness, giungendo stanchi e sudati alla strada che percorriamo come ottimo defaticamento per molti chilometri.



Raggiungiamo il laghetto di Fonte Canale e successivamente il bellissimo fontanile dove ci ristoriamo. 


Da qui molti cartelli del Parco Regionale indicano la direzione da seguire e lo Chalet del Sirente.
Lasciamo la sterrata per camminare sui morbidi prati del Piano di Fonte Canale attraversandolo tutto per la sua lunghezza fino ad un restringimento della valle dove notiamo le tracce del passaggio di alcuni fuoristrada. Le seguiamo perchè vanno nella nostra stessa direzione e ben presto ci introduciamo in un nuovo ambiente. Gli ampi e luminosi prati cedono il posto ad una stretta valle boscosa, la valle del Condotto che seguiamo su sentiero largo ma molto dismesso fino a raggiungere lo chalet e la nostra macchina.



Da segnalare la rigenerante sosta-ghiacciolo in un delizioso bar del centro di Rovere, giusto per dire che non ci siamo fatti mancare niente e che la giornata è stata perfetta in ogni suo piccolo e grande aspetto. 

Grazie Alessandro per avermi permesso di concretizzare finalmente il mio desiderio e soprattutto grazie Montagna!